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Girovagando

Roncola S. Bernardo da Barlino

BARLINORONCOLA S. BERNARDO Valle Imagna da Almenno San Salvatore – Grafica della salita

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***Perché farla?*
La roncola è un attrezzo comune, contadino, per potare. Tagliente, casalingo. Così questa salita.Tutta la bergamasca pedemontana occidentale vede il profilo curvo, lungo – da roncola – della montagna: senza nessun altro rilievo di mezzo sale su, su, su a 852 metri, da una pianura piatta.
Avvicinabile, a differenza degli altissimi cucuzzoli pietrosi che impongono le sferzate di Valcava. Pur sempre alta. Sempre visibile. Invitante, irridente.
Come sporta al balcone di giorno, col campanile quadrato e tozzo impettito in cima ad una china che a vederla da qui sembra proprio diritta come un muro. Di notte, costellazione arancione sospesa a mezz’aria. Sempre con noi, è per questo ch’è di casa: pronta per noi, se siamo pronti noi. Pronta per potare: la prima salita da fare per vedere se sai stare in sella. La prima nella vita, e poi la prima di ogni stagione: si ha sempre paura quando si prova perché è sempre “una prima”.
Quando alla fine, come ogni anno, diventa facile, leggera – un’abitudine – non smette per questo di invitare, e di irridere: banco di prova dei nostri motori, è la salita “da tempo” per eccellenza. Prova, se sei in forma. Prova, se puoi fare di meglio. Prova per sentire come ancora taglia il filo degli strappi quando si sfronda all’essenziale la scorza del tempo.
Una salita che taglia il fiato come rami secchi. Per questo è così buona l’acqua della sua fontana.

***Come è fatta?*

Dirigendosi da sud a Roncola San Bernardo esistono ben tre differenti accessi alla SP172, lungo la quale si snoda l’ascesa. Dal cosiddetto “Quadrivio di Ca’ Marchi” in Almenno San Bartolomeo (l’ultima rotonda al termine del lunghissimo rettilineo che arriva da Brembate Sopra – 280m slm) ci si può indirizzare verso Almenno San Salvatore, a destra, per raggiungere dopo un km circa la grande voliera che costituisce il convenzionale zero cronometrico della versione più tradizionale della salita (325m slm).
Due chilometri esatti porteranno al ricongiungimento con la scorciatoia di Barlino: si tratta di 2km molto regolari, che serpeggiano nel bosco tra le ultime case del paese. Le pendenze crescono gradatamente dal 4,5% al 6,5%, ma il bivio è preceduto da un falsopiano di 150m.
Invece attraversando il Quadrivio in linea retta si sale verso la Villa Malliana (325m slm), poco oltre la quale si arriva al bivio per Albenza (sx). E’ proprio andando ad Albenza che si imbocca la variante meno praticata del percorso: praticamente inutilizzata a fini “sportivi”, ne tralascio la descrizione e la segnalo solo a titolo informativo; più lunga e decisamente meno lineare delle altre, essa comprende diversi saliscendi e tratti in falsopiano, per riallacciarsi al km 2,6 del percorso principale.
Molto più interessante è invece la versione “di Barlino”: subito dopo il bivio per Albenza proseguendo diritti si scende in picchiata per duecento metri fino ai 310slm del ponte sul torrente Tornago, e da qui si azzera il contachilometri. Immediatamente dopo il ponte, in corrispondenza di una brusca svolta verso sinistra (attenzione in discesa), inizia il durissimo strappo che dà il nome alla variante.
Fin da subito le pendenze superano il 13% e per 500m non scenderanno sotto tale soglia, raggiungendo anzi prima il 16% (dopo 150m), e poi il 18% in corrispondenza della chiesetta sulla destra, proprio al termine del muro. Appena superata la chiesa la strada spiana sensibilmente, e si hanno un centinaio di metri per recuperare nonostante il fondo qui molto granuloso (unico tratto dell’intera salita a soffrire di questa pecca!). Poi la via piega verso sinistra e quindi a destra per aggirare completamente un cucuzzolo coltivato a vitigni, dove si sale all’8% : ma è questione di meno di duecento metri, perché si scollina con una (cortissima) discesa. Ancora salita, e a 1,2km dal ponte siamo all’innesto sulla SP172 (in corrispondenza del km2 del percorso principale).
Dall’incrocio inizia una prima rampa rettilinea discretamente ripida (8,5%), che arriva fino ad un ristorante. La strada zigzaga con pendenze variabili ma mai estreme, fino ad una curva cieca a destra tutto attorno ad una casa, quasi un tornantino (poco prima si inserisce via Foppa, che giunge qui da Albenza). Di qui ci si inoltra nel bosco con una serie di ampie curve modellate sulle falde della montagna: per un chilometro, 7% praticamente costante che sale solo momentaneamente all’8% in un paio di occasioni – si reagisce senza difficoltà mantenendo il ritmo regolare alzandosi sui pedali.
Un ulteriore inasprimento della salita preannuncia una curva a 90° verso sinistra: a bordo carreggiata si riconosce una stele dedicata agli Alpini. Qui si prende solitamente un intertempo – così anche i pro nella cronoscalata – perché si conclude la prima fase “facile” della salita (con riferimento ovviamente al percorso comune: nel caso di Barlino si può registrare un primo parziale allo scollinamento, nel percorso da Almenno S.S. si controlla il tempo al bivio per Barlino).
Questa fase si caratterizza per una netta discontinuità: dopo la curva si percepisce subito il 9% sotto le ruote. A breve inizia sulla sinistra della strada una lunga cancellata, da cui il nome del tratto “della cancellata bianca” (anche se il colore ora è grigio…): quando essa inizia l’ascesa appare per un istante più facile, ma è solo un’illusione dato che le pendenze tornano aspre e tali rimangono per un totale di quasi un km, attenuandosi appena dopo una santella sulla dx. Si tratta di un momento cruciale: un’accelerazione qui può rivelarsi decisiva, ma d’altro canto andare fuori giri sarebbe fatale, dato che siamo solo a metà ascesa.
Un tornante verso destra offre un primo scorcio di panorama e la possibilità di rifiatare nel successivo rettilineo, gradito regalo di chi disegnò la strada al ciclista provato dalle rampe appena percorse. E’ un 6% che con molta gradualità riporta pian piano all’8% – raggiunto in corrispondenza di un nuovo tornante (sx) e mantenuto in modo rigoroso per i 500m che ancora mancano a Carobais, piccolo abitato ove si annota un altro parziale cronometrico.
A Carobais siamo a 1600m dalla conclusione. Un tornantino panoramico pianeggiante (vista eccezionale) è preludio ai 400m più duri (pur se non più difficili): una casa là davanti, sulla sinistra, contrassegna gli ultimi metri di questo spezzone detto, appunto, “della Casa”; qui si va su sopra al 10%. Tecnicamente però la vera sfida è affrontare correttamente il susseguente rettilineo che porta all’ultimo tornante: infatti sebbene lo strappo sia concluso la salita allenta la sua morsa molto più lentamente di quanto possa sembrare, aggirandosi sempre intorno al 9% e oltre. L’atteso tornante sembra non arrivare mai. Mentre si “pensa” di dover rilanciare si sentono le energie consumarsi troppo rapidamente.
Quando infine il tornante è in vista l’ascesa si fa più agevole: per poco però, perché dopo questa svolta a destra ecco i 600m conclusivi, tutti sopra al 9% ma soprattutto con inclinazione progressivamente maggiore. Un edificio sulla destra con un piccolo spazio antistante sembra indurre il ciclista stanco alla tentazione di una sosta, anche perché fin lì ancora non si vede l’arrivo.
Eppure è vicinissimo: una lieve piega del tracciato ed ecco il cartello che lo annuncia, sullo sfondo della chiesa di San Bernardo (853m slm). Basta un ultimo scatto, poi l’agognata e leggendaria fontanella. Ad averne, altrimenti possono essere i cento metri più lenti di tutta la salita…
La discesa dal medesimo versante non presenta problemi, richiede solo un po’ di prudenza nei tornantini e alla curva secca degli Alpini. In alternativa si può salire ancora per 3km che alternano rampe all’8-9% a discesine e falsipiani (fino all’alt. di 1000m slm), per scendere poi in Valle Imagna a Capizzone. Rimanendo in costa si raggiunge… Costa Imagna, da dove scendere a Sant’Omobono o salire al Valico di Valcava (5km al 6%, fino a 1340m slm).

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